di Sara Pagnini
FIRENZE. Al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, in cartellone il 16, 17 e 18 gennaio 2025, LAC da Il lago dei cigni, con la coreografia di Jean-Christophe Maillot per Les Ballets de Monte-Carlo, musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij con aggiunte di Bertrand Maillot, Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino guidata da Garrett Keast; bravissimo il primo violino di spalla, Salvatore Quaranta. Il Lago (LAC) di Maillot va visto. È sorprendente, a tratti geniale. La compagnia tutta Les Ballets de Monte-Carlo (ambasciatrice culturale del Principato di Monaco) che l’ha interpretato è stata eccellente; ho trovato quella perfezione, eleganza, tecnica sopraffina che mi aspettavo e che era un po’ mancata nel Romeo et Juliette (almeno nella recita del 10 gennaio). Maillot cuce addosso ai suoi ballerini ogni nota di Čajkovskij; a ogni nota il loro corpo si muove, ha un sussulto, un fremito, anche leggero, lo scatto della testa, un piccolo port de bras, un salto. Sembra quasi che sia stato il compositore a scrivere la musica sui passi ideati da Maillot e non il contrario. Scordatevi, come per Romeo et Juliette (già recensito) ciò che sapete de Il Lago dei Cigni, scordatevi anche quei tipi di cigni. Qui, dirige tutto Sua Maestà la Notte (nella recita del 18 Mimoza Koike, chaînés velocissimi in perfetta prima posizione sulle punte, stretta e en dehors) che vuole imporre sua figlia, il cigno nero (Lydia Wellington, deliziosa, medesimo aggettivo che ho usato per lei in Romeo et Juliette) al principe, e già che c’è si vuole prendere anche il re, strappandolo alla regina. Vanno così in scena le nostre peggiori paure: l’oscurità, l’abbandono, i nostri mostri infantili, il tradimento. Scordatevi il famoso atto bianco, semplicemente non c’è. Al centro della re-interpretazione di Maillot c’è invece una narrazione chiara e diretta, pregna però di significati. I suoi cigni non hanno le geometriche e serrate formazioni di quelli de Il lago dei cigni; quelli che il coreografo mette in scena hanno una animalità che non ha nulla a che fare con il cigno etereo e malinconico di comune memoria. Non ci sono candidi tutù. I cigni del LAC sono bizzarri, nervosi, impauriti, schivi, liberi, selvaggi. Il piumaggio dei costumi serve proprio ad accentuare il loro lato animalesco; le mani delle ballerine/cigno sono nascoste da lunghi guanti che celano le dita e il pollice opponibile che tanto caratterizza la nostra specie. Ma il balletto non è solo notte, è anche aurora e luce; è anche gioia di vivere, allegria, burla e divertimento; viene voglia in certi momenti di alzarsi dalla poltroncina e fare qualche passo di danza, così come fanno loro, gli spendili ballerini della compagnia (anzi no, non lo fate, per carità, restare seduti!). A Maillot, d’altronde, piacciono molto gli opposti; la luce e l’ombra, gli incubi e i sogni, il candore e l’erotismo (ci sono gesti e passi espliciti nei cacciatori che partecipano al ballo). Maillot usa la danza combinata al teatro e lo si può capire solo se non confiniamo il coreografo in un determinato genere; non è classico, non è contemporaneo, è innovativo; del cigno bianco (nella recita del 17 interpretato da Lou Beyne – piedi e gambe così lavorati, sinuosi, nervosi che pare parlino) mette in evidenza l’enorme fatica nel trasformarsi da cigno a donna, nel passare dallo stato animale a quello umano; e, alla fine, il suo cigno svanisce, scompare dentro un drappeggio di seta scura come le tenebre, che cade dall’alto e se lo porta via; e allora, si versa, come a volte accade in molte storie immaginate o reali, un Lago (LAC) di lacrime.
