PRATO. Due divani, a due posti, con accanto, ognuno, il telefono. La rappresentazione, dal lieto risvolto, nonostante i fallimentari incipit, con tinte umoristiche molto inglesi, ma anche tanto americane, come l’autore, è servita. In scena, al Fabbricone di Prato (si replica fino a domenica 26 gennaio), Capitolo Due (Secondo è il titolo originario), di uno degli autori statunitensi più divertenti e rappresentati, Neil Simon, che Massimiliano Civica, regista e direttore artistico del suo Teatro Metastasio di Prato, hanno prodotto e portato sul palco, confidando nel minimalismo attoriale di Aldo Ottobrino (George), Maria Vittoria Argenti (Jennie) e gli intrepidi intermediari del loro sodalizio riparatore, Francesco Rotelli (Leo, fratello maggiore di George) e Ilaria Martinelli (Faye, la più grande amica di Jennie). Funziona perfettamente l’incastro delle due abitazioni e le quattro storie che le popolano in sincronia. Lui è un vedovo che non riesce a dimenticare la moglie tragicamente scomparsa; lei, dopo cinque anni di analisi, è riuscita, con molta fatica, ad archiviare il suo matrimonio con un mediocre giocatore di football. La vita continua, però e anche l’amore ha tutto il diritto di rapire nuovamente le anime dei due infelici, che possono contare sull’aiuto, dolcemente assillante, offerto loro rispettivamente dal fratello maggiore e dalla sua amica del cuore. È una commedia piacevole, che non flette mai l’asticella della gradevolezza, tenuta in corda dalla bravura dei quattro protagonisti e dalla mano sartoriale del regista, che li catapulta in scena, per poi farli eclissare, uscendo dal cono delle luci e guadagnando la via del proscenio uscendo lateralmente, con la dovuta parsimonia, con la giusta dose di sarcasmo, ironia, gentilezza e saudade. Sono combinati perfettamente, i protagonisti; George non ne vuol minimamente sapere di ricostruirsi un’esistenza: il suo cuore spezzato non può essere ingessato e non può guarire, nessun amore potrà farlo risorgere, nessun secondo amore; Jennie invece gradirebbe anche riprendere in mano le redini e le sorti dei suoi sentimenti, ma non crede che possa essere un uomo il soggetto che le farà cambiare idea, non crede che la vita possa riservarle un altro amore, il secondo; Leo, che non può certo fregiarsi di un matrimonio, il suo, che sembra essere sul punto di precipitare, non può più vedere suo fratello soffrire così tanto: le proposte femminili capaci di distrarlo, però, non fanno che acuire il suo smarrimento e Faye ritiene che la sua amichetta, così carina, così brillante e così intelligente non possa non incappare, prima o poi, nell’amore della sua vita, nel secondo amore della sua vita. È la seconda opportunità la chiave di lettura della commedia, che non nasconde certo le sue intenzioni già dal titolo, Capitolo Due, scritto e ambientato dall’autore proprio in seguito alla morte prematura di sua moglie. Ma lo fa con la dovuta tragica leggerezza, con la spensieratezza che si addice più a una comitiva di adolescenti, che a quattro adulti e vaccinati, ognuno alla ricerca del proprio tempo perduto, tutti a caccia di un prestigio esistenziale e professionale che riuscirebbe, sostanzialmente, a lenire le pene dell’amore perduto, dimenticato, mai conosciuto. Una commedia animata da personaggi tanto cari all’autore quanto a quel Woody Allen che aleggia sulla scena e a Massimiliano Civica, che si è preso la briga di adattarlo, ambientarlo e riportarlo in superficie; esordendo due mesi fa a Romaeuropa per poi venire a casa, a confrontarsi con chi lo ha visto crescere e diventare adulto, tanto da dargli in custodia le chiavi del Metastasio. La mini e inevitabile tresca erotica che legherà, come piccola parentesi, Leo e Faye, non allontana lo spettatore dal fuoco sacro della rappresentazione, che non può che finire sotto i titoli della possibilità e di un amore, il secondo, che, se soffocato, sarebbe una grande ingiustizia. Prima di congedarci e invitarvi alla visione, ci permettiamo di suggerire uno e trino accorgimento: o alzate il volume dei microfoni sul palco, o dotate i quattro attori di farfalle o dimezzate, nell’occasione, la capienza del Fabbricone; dalla seconda fascia in su, non tutto si sente perfettamente, in virtù anche dei molti chirurghi che popolano la platea: il mestiere lo abbiamo dedotto dal fatto che se uno viene a teatro e ogni tanto osserva il telefonino, va da sé che conviva con la reperibilità dell’ospedale.
