di Francesca Infante

PISTOIA. E poi si apre il sipario, e per la prima volta la prospettiva cambia. È andata in scena sabato 29 febbraio l’ultima replica di Circolo popolare articoLa vergine fredda.  Questo è il terzo e ultimo episodio della trilogia artica (prodotta dall'associazione teatrale pistoiese), che vede in scena la compagnia Gli Omini (Luca Zacchini e Francesco Rotelli), con l'aggiunta, per questo episodio, di Paola Tintinelli. E per chiudere questo percorso ispirato ai racconti di Jørn Riel, la compagnia ha scelto di mettere in scena anche il pubblico, e non metaforicamente. Pochissimi posti, per una visuale insolita, attendono gli spettatori sul palco del Teatro Manzoni. Emma, la sola e unica donna nelle terre sconfinate, solitarie e selvagge, è la protagonista di questo ultimo racconto. Il Conte l'ha incontrata per primo e amata follemente. Poi l'ha ceduta a un altro in cambio di un fucile. Da qui la storia non cambia mai; vediamo un susseguirsi di uomini che si appropriano di Emma, se ne innamorano all’istante e poi ancora più velocemente la cedono a un altro uomo, in cambio di beni materiali.

Si susseguono un po' di passaggi di proprietà, per poi arrivare ad un momento di incanto assoluto: il sipario, che fino a quel momento era chiuso, si apre, mostrando il Teatro Manzoni in un'insolita bellezza, colorata di blu ghiaccio. Non senti, né vedi più niente di quello che succede davanti a te, continui a fissare quei palchetti pitturati di blu, guardando, incantato, dalla prospettiva di un attore. Ma come già detto, questo lieto vedere dura pochi secondi, perché Paola Tintinelli (che spicca in bravura e presenza scenica, nonostante tutto), si gira verso gli spettatori, mostrando un enorme pene in erezione, spezzando così la fugace bellezza di quell'idea (geniale) ed entrando in sgraziato contrasto con la silhouette elegante, che dietro le fa da scenografia. Ma Emma prima o poi la devi lasciare andare. E alla fine siamo arrivati all'ultimo episodio, dove non esiste un intreccio drammaturgico, né un velo di passione che possa trasparire da una storia, che in realtà, poteva riflette su temi come la solitudine, il bisogno intrinseco dell'uomo di compagnia, di una società di appartenenza e in senso lato, di rapporti umani. Una storia che poteva riflettere sulla potenza di ciò che la propria mente può creare per darci sollievo. Ma che invece usa il grottesco senza darne una spiegazione, che possa essere compresa e accettata ai fini della trama (vedi enorme pene in erezione, in assoluto nonsense), e che odora di vago maschilismo spicciolo, mirato alla risata semplice. Una storia che procede lineare senza mai porsi il dubbio di dove vuole finire. E che poi finisce senza lasciare nulla dentro, se non una risata rubata dalla grottesca rappresentazione. E infine, Emma cos'è? In questo spettacolo sembra essere solo una donna oggetto che gli uomini si scambiano a beneficio di qualche bene materiale. Anziché il simbolo della Vergine fredda, la Groenlandia, quella terra affascinante che ti attira a sé, per essere scoperta e amata, che ti fa vivere ai limiti della società e che può anche logorarti dentro, se non sei abbastanza forte da immaginare (davvero però) qualcosa di talmente perfetto da salvarti la vita.

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