di Olga Agostini

PISTOIA. Finalmente potrò rimettere a posto le mie cose. Ne avrò tutto il tempo. Questo è stato uno dei primi pensieri positivi che è apparso nella mia mente, per scacciare la negatività dei messaggi. Il dover rimettere in ordine è per me, in genere, un pensiero ossessivo, che non riesco a placare, perché farlo, il riordino, è ancora peggio che pensarlo. Mi sgomento, mi sento incapace e ho il terrore di passare al vaglio gli oggetti, le carte, la polvere e i ricordi accumulati. Di solito me ne frego e vado avanti, attivandomi solamente quando diventa indispensabile. Ma questa improvvisa covid-pausa, data l’assenza di alibi per sfuggire al dovere e dato il suo riconoscimento universale, si è presentata come l’occasione per farlo. Anzi, si è trattato addirittura di una pausa imposta, senza se e senza ma. Dunque mi sono buttata. Ho sfilato una vecchia scatola di cartone da un ripostiglio ricavato tra due porte, stando attenta a non smontare i complessi incastri tra le cose. Sono stata bravissima a lasciare un buco entro la struttura incoerente, ma solida, del ripostiglio. Non per nulla ho superato con successo, anni fa, l’esame di scienza delle costruzioni. Quella scatola è uno degli oggetti che mi hanno seguita in ogni trasloco, il contenitore di un archivio personale: vecchie lettere, cartoline, biglietti, chewingum a striscia oramai rinsecchiti, biglietti di viaggio, appunti: oggetti inutili.

Ho messo tutto fuori, dopo aver separato i cimeli per tipologie diverse e aver creato nuovi mucchi ordinati; ho poi rimesso tutto nella scatola e la scatola nel buco del ripostiglio. Conclusa questa operazione, che mi ha impegnata per un intero pomeriggio, non mi sono affatto sentita migliore ne’ alleggerita, come avrei pensato, anzi; la lettura di sbiadite calligrafie e la vista di vecchie foto mi hanno inquietata, per quel senso, proprio di questi giorni, di libertà perduta. La scatola è tornata ad essere un pilastro del ripostiglio e tutto il resto è rimasto uguale. Lavoro inutile! Perché allora rimettere a posto tutta la casa sottoponendomi a questo ulteriore stress? Per fortuna ci sono state telefonate, videochiamate, messaggi e chiacchiere da remoto con sorrisi e battute simpatiche, ma sempre un po’ forzate. Tutti cerchiamo di fare del nostro meglio per non intristirci troppo e ci riusciamo. Tuttavia fare gli aperitivi in mondovisione è qualcosa di ridicolo, giustificabile solamente con la follia del momento. Ci sono stati anche i soliti insopportabili discorsi: le strade sono completamente deserte - ma vedi un po’, chissà come mai -; il cinquanta per cento dei negozi non riaprirà i battenti, già c’era crisi. Poi la ginnastica in casa, la preparazione degli gnocchi o di altre ricercatezze solitamente improponibili per mancanza di tempo. Poi ancora letture, scritture e conteggi. Tutto, pur di svicolare dal giornaliero nefasto bollettino. Questo notiziario non per tutti produce lo stesso effetto, ma per me è una forma di vero terrorismo psicologico, che inizia con la conta dei malati e dei morti, per poi procedere con contraddittorie ipotesi, che si rendono necessarie per spiegare le vere cause del virus e quindi poter immaginarne subito le cure più alternative ed efficaci. Produce ansia e l’ansia, si sa, abbassa le difese immunitarie. Ma come potremo estirpare il pipistrello che è in noi? Questo è il vero mistero. Tuttavia ho scoperto alternativamente momenti di pace interiore, ma anche di profonda rabbia, passando dalla capacità di assaporare sogni felici all’ascolto del baccano mediatico fino alla sottomissione forzata all’irrazionalità di certuni intorno a me. Altri hanno invece tratto grandi vantaggi, come tradisce il volto di qualche bottegaio che, normalmente serioso e antipatico, si è trasformato nel faccione dello stregatto, con il sorriso tirato da un orecchio all’altro, per questa nuova ghiottissima occasione di fare cassa. Il peggio e il meglio di ogni cosa sono venuti fuori, le situazioni ambigue sono esplose e questo non potrà che migliorare le cose. Quello che pensavo potesse essere un periodo noioso è diventato invece una rappresentazione corale dalle mille sfaccettature, rispetto alle quali ho deciso di assumere un sobrio e britannico autocontrollo. Molte persone hanno infatti problemi assai seri, certamente più dei miei, pertanto dobbiamo loro per lo meno il rispetto, evitando lamentele personali e mantenendo un comportamento responsabile. Per farlo ho osservato le regole, tentando di raffreddare ogni emozione in attesa che tutto passi e mantenendo solamente quelle più intime e segrete, quelle di cui nessuno si accorge. Ma la rabbia è uscita fuori, non sono riuscita a controllarla e l’ho lasciata sfogare. La rabbia nei confronti di certe regole che non ho compreso, quella nel sentirmi controllata facendo le cose più normali e meno dannose, come uscire all’aria aperta in luoghi deserti, senza incontrare nessuno. La natura è comunque meravigliosamente sbocciata, il mio albero di glicine è in festa e sembra che sia l’unica possibilità per un contatto fisico felice. Per il resto bisogna stare più fermi possibile, con il corpo e con i pensieri, ma non ho mai smesso di lavorare perché, fortunata di avere un impiego, ho pensato di poter dare il mio contributo così facendo. In questo modo anche il tempo è passato senza noia.  Rimetterò in ordine quando sarò di nuovo libera di decidere se farlo o non farlo, quando potrò scegliere tra dedicarmi alla cura delle mie cose oppure all’impiego del mio tempo, senza asettici schermi di mezzo, insieme con gli amici, gli alberi o gli artisti che si possono toccare sul palcoscenico o dentro una galleria d’arte. Nel frattempo non mi dimentico di disinfettare ogni cosa e tutte le sere, prima di coricarmi, indosso due gocce di Amuchina19.

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