di Anna Antonelli

GALLENO (LU). L'esperienza del teatro è già un'esperienza unica, è l'arte che vive e si manifesta davanti a noi. L'esperienza del teatro (e quindi dell'arte) in spazi non convenzionali è un'esperienza emotiva amplificata. Ed è nel luogo in cui la rappresentazione si svolge, che esso stesso si trasforma per osmosi, in luogo per eccellenza: il bosco, il campo, le strade, la quercia, il gelso. Tutto muta in scena, donando a noi che la viviamo la possibilità di partecipare a un atto creativo che diventa non solo rappresentazione, ma rituale sacro rivolto alla terra, ai suoi semi, alla biodiversità. Nell'escursione notturna all'interno delle Cerbaie curata da Massimiliano Petrolo, Luca Privitera ha dato vita a tre personaggi, tre racconti diversi, tratti dallo spettacolo Paese Mio, non evulsi dal luogo reale, ma perfettamente legati e integrati a esso. Così la rappresentazione della vita contadina, nella sua semplicità e profondità, e con il pubblico immerso in quei paesaggi evocati, diventa un flashback miracoloso: sposta il tempo, lo spazio e lo spettatore, portandolo esattamente dove si trova l'artista e la storia narrata. E sono gli stornelli della tradizione Toscana e le foto in bianco e nero che ritraggono gli abitanti del passato a creare una sorta di presentazione drammaturgica adatta a svelare quel lato poetico e spietato che solo i mezzadri e gli agricoltori di un tempo hanno vissuto: il bagno nel campo, la bocca sdentata, la fame, le schioppettate a salve, i racconti di paura intorno ai camini, le veglie, le donne, le sorgenti.

E mentre emerge – tra un'apertura di fronde – il soldato, l'interprete e autore, in questo caso, ci trasmette tutto l'orrore della guerra e la bellezza del ritrovamento di un Dio bestemmiato nell'erba raccolta e trattenuta nell'incavo della sua mano. Ed è crudele quello che esso ci svela, trasportandoci con superbia tra l'odore della trincea, le lacrime versate sulle lettere d'amore scritte all'amata, i bombardamenti, lo spaesamento, il cammino nella notte più nera. Ed è grazie al buio e alle piccole luci che Luca ha con sé a rendere maggiormente drammatico il momento. Poi, tutto improvvisamente si ferma, mentre un passante inaspettato, con il passo svelto, magro e smunto come fosse anche lui un altro soldato che ha scelto di fuggire dalla società, ignaro della rappresentazione in atto, attraversa la scena, ne diventa inconsapevolmente parte e scompare nel bosco. Sì, perché fare teatro in un luogo naturale, non creato, non architettonico, permette all'atto teatrale di essere vero, modificato e modificabile da quanto di reale si sta svolgendo intorno a lui. Il racconto di Orcino il brigante, nell'ultima parte della camminata, alleggerisce il lungo percorso tra il canto dei grilli e le ultime lucciole, donandoci il sorriso. Ed è in quel racconto strettamente legato al luogo e ben realizzato dal narratore che veniamo catapultati così in profondità da immettere in ognuno di noi il desiderio di cercare il tesoro nascosto, di sognarlo, di organizzarne la ricerca tutta emotiva e intellettuale di pietre preziose, di collane d'oro, degli orci de l'Orcino pieni di monete e diamanti. Ed è forse la luna piena ad aver reso all'attore e alla rappresentazione una propria visione, restituendoci oscurità e chiarori inaspettati, collaborando segretamente alla realizzazione dello scenario. La rappresentazione in luoghi non proprio teatrali, ma legati a essa dall'uso di tratti dialettali, di figure storiche o mitiche dell'immaginario collettivo locale, dalle luci e dalle ombre naturali che amplificano gli effetti, trasformano questi luoghi in esperienza viva, memoria, emozione, radice. Teatro e natura e spettatori si fondono, co-creatori della Bellezza. Un'avventura che non sazia, ma affama di attesa del prossimo incontro.

 

Per partecipare ai prossimi incontri, vi consiglio vivamente di prenotare attraverso: https://www.ecocerbaie.it/

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