di Francesca Infante
PRATO. Overture. Campi di cotone e schiavi che lavorano. Musica leggera, romantica. Bambini ridotti in schiavitù. Una ragazza borghese frivola e viziata. Leggerezza contornata dallo schiavismo. Tutto regolare, è solo l'inizio di Via col Vento. Ambientato in Georgia nel 1861 alla vigilia della guerra civile americana, pieno di personaggi associati al Ku Klux Klan e favorevoli allo schiavismo, Via col Vento è considerato un grande classico del cinema Americano, amatissimo dal pubblico. Ma la nascita di questo film, che nel 1939 ha vinto ben dieci Oscar, è molto più che epica. Un badget altissimo, due registi e svariati sceneggiatori con l'unico intento di scrivere un film che poteva essere il più grande fallimento della storia del cinema. Solo una persona, innamorata del libro di Margaret Mitchell, guidava all'impresa, quasi impossibile, della stesura di Via col Vento: David O. Selznick. È andato in scena (si replica fino a domani, ore 18) sul palco del Teatro Metastasio di Prato, Domani è un altro giorno, scritto da Ron Hutchinson, con la regia di Alessandro Averone, anche attore insieme a Caterina Gramaglia, Gabriele Sabatini, Antonio Tintis. Ron Hutchinson, pluripremiato autore irlandese di teatro e cinema, prende spunto da una vicenda realmente accaduta e con sapiente maestria ci consegna una commedia dai ritmi vorticosi e con una dinamica pressoché perfetta. 1939 David O. Selznick, produttore hollywoodiano, dopo due anni di lavoro e le prime cinque settimane di riprese, blocca il set del più grande kolossal che si sia mai realizzato: Via col vento.
Scontento della sceneggiatura e del materiale girato dal regista Cukor, convoca nel suo ufficio Ben Hecht, affermato e abile sceneggiatore, e Victor Fleming regista famoso e dall’indiscussa solidità, per riscrivere da capo la sceneggiatura in soli cinque giorni e cinque notti. Sfortunatamente Selznick è l’unico ad aver letto il lunghissimo romanzo di Margaret Mitchell da cui il film deve essere tratto. Tra riassunti mimati e recitati, divergenze artistiche, crisi esistenziali, intuizioni illuminanti, in una rocambolesca e frenetica sessione creativa di poco meno di una settimana, alimentata a banane e noccioline Selzncik, Hecht e Fleming partoriranno quello che resterà alla storia come uno dei capolavori della cinematografia. L'ufficio all'inizio era perfetto, immerso nei suoi anni '40, impeccabili fino all'ultimo dettaglio vintage. La comicità a smorzare quell'enorme sforzo di scrittura anti etica. Quattro personaggi stereotipati, ma allo stesso tempo definiti nei più piccoli dettagli, per dare un'idea precisa di come era Hollywood. La segretaria, figura che resta dietro la parete semi trasparente, sembra avere solo un ruolo comico, dato dalla sua aria svampita. È in realtà il collante, l'overture che con la sua voce in canto, porta serenità nel disastro che avviene in quella stanza, che era perfetta. Noccioline e banane ovunque, il disastro nella stanza che rispecchia quello nella mente. Dissidi artistici, momenti di riflessione e scontri culturali sono al centro dell'epopea comica che caratterizza questo spettacolo, pensato per raccontare cosa e chi si cela dietro un film come Via col Vento. Lo sceneggiatore (lode a Gabriele Sabatini che porta in scena un Ben Hecht etico fino alla fine e con un uso della comicità impareggiabile), simbolo di una Hollywood dominata dallo Studio system, costretto a scrivere parole che vanno contro ogni sua ideologia. Il regista, che non si pone il problema del messaggio culturale sbagliato, pensa con egocentrismo alla sua macchina da presa, e il produttore, che vuole fama e rispetto. C'è una linea sottile tra comicità e dramma, e Domani è un altro giorno è sul confine. Quei tre attori sul palco, parlando, riescono ad aprirti uno spiraglio su un mondo particolare, a far emergere qualcosa di più profondo della sola sbagliata etica morale di Via Col Vento: la profonda indifferenza, verso ogni tematica sociale liberale e umana, di una Hollywood anni '40, dominata dagli Studios. Un regno del terrore artistico, che predominava su ogni ideologia, etica e libero pensiero. Ma dal fondo della sala, le risate arrivavano fragorose, forse troppo. Nonostante fosse una commedia, la risata è solo un mezzo per far arrivare tematiche come la censura degli sceneggiatori, la violenza e l'ego smisurato dei registi, i comportamenti da prime donne delle star, ma anche l'approvazione silenziosa del razzismo e l'omofobia (celata dietro alla dipartita del regista Cukor, cacciato per volere di Clark Gable, che sospettava fosse omosessuale). E la stesura di Via col Vento le racchiude tutte. Epopea della guerra civile americana girata nel 1939 con un contestato approccio razzista. Per informarti sulla realtà dei neri in America, cerca Black Lives Matter. Questo recita Netflix come trama del film. Molti canali hanno deciso di non mandare più in onda Via col Vento, fino a quando l'ambientazione non sarà contestualizzata. Domani è un altro giorno lo sa che il momento di contestualizzare non è adesso. Ma lo era ottantadue anni fa. Mentre riportavano parola dopo parola di quel libro, che non aveva una morale, ma che non si poteva né cambiare, né censurare in passaggi pro schiavismo, perché Hollywood voleva così. Perché il pubblico voleva così. Non è difficile capire perché un film che affronta il razzismo con assoluta naturalezza e un pizzico di normalità, abbia avuto così tanto successo nell'America degli anni '40 che era passata dallo schiavismo alla segregazione razziale, tanto che alla proiezione del film, in Georgia, Hattie McDaniels (attrice che interpretava Mami) non poté partecipare, perché le leggi razziali lo impedivano. Domani è un altro giorno è la lotta a cui è costretta l'arte da sempre. Il dovere di creare contenuti formativi contro il mero intrattenimento, che non apporta nulla al bagaglio culturale di chi guarda, ma che va solo a creare più ignoranza. In Europa, Via col vento aveva un fan molto speciale: Hitler.