di Federico Di Pietro

PISTOIA. Per tutta l’estate ho (abbiamo, sic!) esultato agli insperati e inattesi risultati sportivi che gli atleti e calciatori azzurri hanno conseguito, prima vincendo un Europeo, poi raggiungendo un record storico di medaglie a Tokyo e infine dominando alle paraolimpiadi. Eppure, mancava qualcosa. Le vittorie erano belle, decise, disperate, ma sospettosamente vuote, destinate a consumarsi nel giro di qualche mese e qualche chiacchiera da bar. C’era agonismo, cattiveria, ma mancava qualcosa. Ieri sera, alla Fortezza Santa Barbara ho finalmente capito di cosa avevo bisogno in questo periodo. Volevo un po’ di sacralità. La devozione più ardente a una causa. E quella causa l’ho trovata battagliando e votando durante La coppa del Santo, il nuovo spettacolo de Gli Omini, pluripremiata e popolare compagnia toscana, che Pistoia ormai conosce bene. I santi si sa, non muoiono mai e hanno più vite dei gatti (che sempre troppe sono). Lo spettacolo, in realtà, fa parte di una progenie artistica più ricercata e studiata. La coppa del Santo è la necessaria rivisitazione in tempi di pandemia della pièce L’asta del santo, un mercante in fiera sulla vita dei santi in cui il pubblico si strappava le vesti e si scambiava aneliti batterici per vincere uno dei premi in palio. La coppa del Santo però è altro. È strategia, è devozione vera.

Su un tabellone sono disegnate le 32 nuove illustrazioni di santi e sante di Spavaldo Zacchini che si scontreranno per diventare il santo patrono della serata (e magari uno in più da citare quando quello davanti a noi inizia a fare storie sul Green Pass alla cassa del bar). Il gioco, nel suo svolgimento, è semplice in quanto il pubblico, necessariamente tirato in causa, voterà, a mano a mano, il santo che preferisce, ma non prima di aver ascoltato la loro personalissima storia. E la loro personalissima storia della loro morte. Del resto, si sa, i santi sono personaggi curiosi e scenici. Da sempre. Raccontati e rivitalizzati dalle voci di Luca Zacchini e Francesco Rotelli, veniamo a sapere che San Mamerto, uno dei Santi di ghiaccio, è anche patrono degli omosessuali, mentre San Carlo lo è del bondage. Credo. Più o meno. Sapevate inoltre che esiste una Madonna dell’Inutile? E che Padre Pio usasse la veratrina per fare scherzi da prete ai suoi amici frati? Beh, del resto, da uno che ha trasformato Pietralcina nella Gardaland del cristianesimo, potevamo aspettarci tutt’altro! Il ritmo della gara, tuttavia, è serrato e incandescente. Nonostante qualche goccia di pioggia, chiaramente mandata da Santa Pelagia per protesta contro la sua esclusione, le eliminazioni si susseguono una dopo l’altra. Il colpo di scena è la presenza della Madonna dello Schiaffo in semifinale che però deve arrendersi a Maria Maddalena. È lei infatti la prima finalista, seguita dalla coppia che scoppia, i santi Cosma e Damiano. La votazione finale, però spiazza tutti. La coppa del Santo andrà infatti a chi riuscirà a raccogliere più elemosina dal pubblico, in perfetto stile compravendita delle indulgenze. What else? Ma quindi, dopo tutto, chi ha vinto? Ma che domande. Maria Maddalena è la vincitrice della Coppa del Santo 2021! Del resto, sbagliava alla grande chi diceva che l’Italia è da sempre un popolo di conservatori e bigotti. Ciò che maggiormente traspare da La coppa del Santo è l’originalità e l’astuzia. Originalità nel plasmare un pezzo teatrale (L’asta del santo) a immagine e somiglianza di ordinanze ministeriali e DPCM che prevedono distanziamento e assenza di contatto. Astuzia perché in un periodo storico in cui il successo è scandito da spettacoli come LOL - chi ride è fuori intrisi di perbenismo e correttezza, La coppa del Santo, i cui testi sono stati scritti da Giulia Zacchini, riesce spudoratamente a unire sacro e profano, corretto e scorretto. In fondo, tutti quei santi, con le loro morti assurde e i loro culti ormai fuori tempo massimo, altro non sono che testimoni di un passato, il nostro, che preferiva appellarsi a figure folcloristiche rispetto a valori più terreni. Tanto si sa, che i santi hanno più vite di un gatto.

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