PRATO. La luce biancosterilizzata che si irrora dal palcoscenico lascia intravedere che più che un set teatrale ci si trovi al cospetto di un salone psichiatrico, dove però non si capisce bene e sempre chi siano i pazienti. Perché anche quelli che sembra abbiano il potere di dare a questi ultimi un’esaustiva spiegazione dell’operazione/memoria che andranno felicemente a intentare non è che diano inequivocabili segnali di equilibrio. Il paziente più serio è Lello Serao, che dopo una veemente introduzione con e contro la nipote Lisa Imperatore (è lei che avrebbe il desiderio di ricomporre le fratture generazionali della sua famiglia), sembra scivolare, inesorabilmente, nel letale imbuto degli psicofarmaci ai quali viene, virtualmente, sottoposto. Ma Ex – Esplodano gli attori è, probabilmente, tutt’altra cosa, un’invisibile macchina del tempo che riporta nel salone di un appartamento rispolverato per la bisogna i componenti di una famiglia, dai nonni ai nipoti, passando anche per il fidanzato dell’ultima della dinastia, per fare in modo che i dissapori vissuti e sofferti in costanza d’esistenza vengano, tardivamente e solo grazie a un esperimento, chiariti e sanati.
Il distico della scrittura attinge a fonti storico-dittatoriali, in particolare a quella uruguaiana (1973-1985) ereditata del Presidente tupamaros Pepe Mujica, che auspicava la morte, anzi, l’esplosione, di tutti gli artefici della storia dell’autogolpe di Juan Maria Bordaberry. Senza le dovute documentazioni però, questo dato sfugge decisamente alla lettura del pubblico del Metastasio di Prato (dove rimarrà in scena fino a domenica prossima, 26 febbraio), che produce lo spettacolo in collaborazione con Teatro Area Nord e l’attenzione si sposta, senza soluzione di continuità, sull’effervescente nevrosi scurrile e boccaccesca di Monica Demuro, l’esilarante aplomb alcolico di Daniela Piperno, l’unica dell’intera compagnia a non curarsi minimamente se le cosa che sta vivendo sia il frutto di una semplice osservazione o anche lei sia solo e soltanto un artificio rievocativo, sulla meticolosa ricostruzione della scena temporale del direttore, ma anche cronista, Emanuele Valenti, che prima disquisisce con il pubblico come se fosse estraneo alla commedia per poi ritrovarsi invischiato nella stessa ricostruzione dei fatti, visto e considerato che è il fratello di Marcello Manzella, tutti abilmente riportati alla luce dall’improvvisato ingegnere chimico Christian Giroso, che escogiterà tutto questo, senza prevederne indesiderati e tragici effetti collaterali, solo per l’amore per la fidanzata. Non vorremmo sembrare, tanto meno essere, volgari fino alla blasfemia, ma al Metastasio, in prima nazionale, ieri sera, ci siamo oggettivamente divertiti, perché in alcuni momenti abbiamo avuto l’impressione di assistere a un tentativo, goffo quanto vogliate, ma a parer nostro riuscitissimo, di una riesumazione della teoria Ohana, che Lilo cerca di spiegare a Stitch: ohana significa famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato. Il dato storico, in parole povere, quello drammatico delle torture, figlie della cancellazione delle più elementari regole della democrazia che insanguinarono l’Uruguay e molti altri Paesi Sudamericani, non prende il sopravvento e, a nostro presuntuosissimo parere, non se ne sente minimamente la mancanza.