NON OCCORREVA certo il propagarsi di questo coronavirus per scoprire quanta paura, ognuno di noi, avesse di morire. Sarebbe opportuno, doveroso, una volta passata ‘sta nuttata, che ognuno di noi, che abbiamo tremato all’idea di essere contagiati, fosse mosso dalla stessa intransigente, dignitosa, umana e ragionevole voglia di vivere. Perché una volta sconfitto questo microbo, quelli che resteranno non resteranno in eterno, ma continueranno a morire; per fortuna, è il caso di aggiungere: di vecchiaia, nella migliore e più auguranti delle cose, ma, ahinoi, di tutta una serie di patologie che sono il frutto del nostro attuale scriteriato vivere, noncuranti di nulla, come se la cosa non ci riguardasse. Non voglio sorbirvi lezioni eque e solidali (non me loposso permettere e anche se potessi, ne farei volentieri a meno) per come morire sani: voglio ricordarvi di vivere, e suggerirvi come ammalarvi: di vita, passioni, giustizia, amore, sesso, rabbia, sorrisi, pianti, tenerezze, intransigenze, ricordi, progetti, senza mai perdere di vista, neanche per un solo istante, la civiltà che ci ha concesso il nostro turno e soprattutto il rispetto, per voi stessi e per gli altri, che questa che ci è stata data è l’unica nostra opportunità, qualsiasi sia il vostro credo, che una volta morti, ve lo garantisco, somiglierà maledettamente il mio.

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