NON DOVREBBE mancare più molto tempo. Nel giro di breve, salvo imprevedibili e scongiurabili impennate del virus, campagna vaccinale e temperature miti dovrebbero riallontanare, stavolta ci auguriamo definitivamente, lo spettro di chiusure forzate. Dunque, riapriranno anche i teatri. Tempo e spazio per allestire cartelloni degni di essere definiti tali non ce ne sono stati. Ci sarà però il tempo per preparare al meglio i prossimi in vista dell’autunno, probabilmente. In attesa, i teatri, qualche segnale potrebbero darlo, però. Ad esempio - ne ho parlato con Matteo Brighenti, addetto stampa della Pergola, di Firenze, una delle persone più competenti, gentili, disponibili ed eleganti che gravitano nell’universo/Teatro – ogni teatro potrebbe e dovrebbe allestire, per l’ultimo sabato di aprile, lo spettacolo inesistente. Tutto a norma, beninteso: una poltrona occupata ogni tre, con tanto di maschere che misurano la temperatura agli spettatori che saranno accolti in modo contingentato. Per lo spettacolo, previsto per le ore 21, i battenti si aprirebbero alle 19,30 e gli spettatori, scelti appositamente dalle singole direzioni tra critici (debitamente accreditati), fedelissimi e gente ormai in preda a crisi scomposte di nervi, verrebbero accolti secondo direttive orarie ben precise. Alle 21 in punto, le luci calerebbero fino a spegnersi e il palco, vuoto, si illuminerebbe a giorno. Fino alle 22,30. Dopo lo scroscio di applausi, veri e non richiesti, calerebbe il sipario e gli spettatori riguadagnerebbero la strada di casa come dei bravi soldatini, abbandonando le singole poltrone dabndo la precedenza a quelli posti sulle file più distanti dal palco e più vicine all’uscita, con la preghiera, rivolta ad ognuno, di non fermarsi fuori dal teatro per scambiarsi opinioni sullo spettacolo appena rappresentato. Come succede tutte le domeniche nelle chiese, del resto.

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