PISTOIA. Per dovere di informazione, per oggettiva e forbita analisi musicale, ma anche per orgogliosa nostalgia che solo il popolo di Pistoia e del suo Blues può vantare, per raccontarvi del volume (Sweet Home Pistoia) presentato ieri, 8 dicembre, in anteprima al Teatro Manzoni (sarà nelle librerie dal prossimo gennaio) e che riassume quarant’anni di Festival e per non far torto a nessuno di quelli che son saliti sul palco, questo racconto dovrebbe limitarsi a snocciolare nomi, cognomi, e di molti di loro relativi strumenti ed esaurirsi, a scelta, con un epilogo sonoro che potrebbe premiare uno o più aspetti degli artisti che hanno movimentato la serata. Ne facciamo a meno, perché i presenti non hanno alcun bisogno di ricevere delucidazioni emotive e gli assenti, patirebbero oltre misura. Di questa Sweet Home Pistoia vi raccontiamo la cosa più importante: la dichiarazione, essenziale, quasi avara, soffice e apparentemente disillusa, di Giovanni Tafuro, di professione imprenditore (con la musica organizzata, allestita e realizzata ci vive e convive, è il suo pane quotidiano), certo, ma al quale, questa città, prima di questa Musica, dovrebbe essergli grata, perché senza Tafuro e la sua comitiva imprenditoriale, dopo i problemi capitati subito dopo le prime edizioni del Blues’In (così si chiamava e se lo poteva permettere), nei cuori e nella memoria di molti sarebbero rimaste poche, seppur sontuose, note e Pistoia sarebbe tornata a vivacchiare nel suo alveo privilegiato, tra massoni, satanisti e ortovivaisti, e la musica, come tante altre indispensabili distrazioni culturali, sarebbe restata appannaggio di Firenze, Prato, Pisa e Lucca. E invece, Pistoia può vantare il primato, tra una miriade di contraddizioni, di essere la città che ospita il più longevo Festival musicale italiano, con un listino/partecipanti da far venire i brividi. Il resto, il libro, il concerto, il calore del pubblico, quello che è stato, che è e che sarà, lo lasciamo poltrire nelle impenetrabili convinzioni degli esaltazionisti e in quelle degli obbiettori di professione: noi, critici per censo, prima che per professione, ci teniamo la musica, tutta e a Pistoia quella straordinaria che ci ha regalato Giovanni Tafuro.