di Massimo Baldi
MICHELE COCCHI è un grande scrittore. Questo più di ogni altra cosa bisogna che ci si imponga come segno della sua esistenza e anche del ricordo che ci tocca arredare con il suo venir meno al mondo. È un grande scrittore e lo è sempre stato. Chi scrive può infatti testimoniare come fin dagli esordi non ci sia mai stato alcunché di frivolo, hobbistico o lasciato al caso nell’impresa scrittoria di Michele. Tutto ciò che concerne lo scrivere è sempre stato preso da lui maledettamente sul serio, con un rigore che in qualche modo aveva da prendere il sopravvento, se necessario, anche sulla ricerca della bellezza e della grazia. Questo, dicevo, si riscontra già nei primissimi racconti della fine degli anni ‘90 e dei primi anni 2000, dove l’acerba vena letteraria e l’assenza di uno stile e di un indirizzo definiti non turbano l’esattezza della ricerca linguistica, la tenuta di un ritmo cadenzato con le stesse battute della vita contemplata e sentita, la fede in un dire quanto mai mondato del superfluo. Michele odiava buttare il cibo. Era un uomo che poteva scattivare un pezzo di formaggio secco per centimetri pur di salvarne un frammento e sottrarlo all’immondizia. Allo stesso modo ha agito con le parole, facendo impietosa pulizia del di più e consegnandoci, in una disgraziatamente precoce eredità, i cuori nascosti di un linguaggio acre e vivo, indifferentemente usuale e inusuale, tecnico e comune, senile e infantile. Indifferentemente vero per come doveva esserlo in quel passaggio, in quella battuta di dialogo, in quell’adagio.
Non vi dispiaccia, vi prego, se mi fermo qui. E se mi fermo a questo. Il resto – quel che si usa chiamare l’uomo e la vita – è troppo grande. E troppo vicino. Prima di scriverne, e di decidere se farlo, bisognerà a lungo parlarne. E anche tacerne. In fondo spero davvero che anche il dolore possa essere una crosta ammuffita di formaggio che con l’arte appresa dal maestro Cocchi mi riuscirà di scattivare per trovarvi sotto la sapidità di un’esistenza e di un’amicizia scrivibili. Se sarà, parlerò. Altrimenti continueremo a ricordare. Che non è poco.