di Gionni Dall'Orto

DUE VOLTE ho chiesto a Jeppe se potevo scrivere una sua biografia, e per due volte ho dovuto accettare un garbato rifiuto. Tra tutte le persone che ho conosciuto è quello che ha avuto le avventure più bizzarre che abbia mai sentito. Spesso gli capitavano durante una delle sue crisi psicotiche, come quando abbandonò l'auto sugli Appenini, salvo poi pentirsene. La ricerca dell'auto durò giorni. O come quando disertò a sorpresa un appuntamento per firmare il contratto come produttore discografico per un disco di Irene (Grandi) quando era già famosissima. Povero amico, convivere con una malattia come la depressione deve essere stato un inferno, ma non te ne sei mai lamentato. Voglio ricordarmi di te a diciotto anni; un leader, tuo malgrado. Non sei mai stato un narcisista come la maggior parte dei musicisti. Eppure, quando avevi diciotto anni, eravamo tutti stregati dalla tua bellezza, dai tuoi modi gentili e schietti e dalla tua intraprendenza. E poi la straordinaria apertura mentale, che ci hai insegnato semplicemente stando insieme: quella straordinaria capacità di ascoltare le persone senza giudicare. Quello che chiamiamo un saggio. Grazie Jeppe, ci manchi tanto.

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