di Luigi Scardigli
FIRENZE. Si chiamava Studio Uno e al posto della venere nordica Ilenia Romano (ammirata e applaudita poco tempo fa in Alfa, dello stesso Castello, al teatro dello Scompiglio di Vorno di Lucca), tre estati fa, al Funaro di Pistoia, Roberto Castello aveva deciso di piazzare, come quarto elemento apocalittico della sua compagnia Aldes, uno dei suoi danzattori stabili, Stefano Questorio. Fu nel salone in legno dell’indispensabile oasi artistica pistoiese che la sua danza critica fece l’ultima prova tecnica di trasmissione, prima di diventare, al Cantiere Florida, di Firenze (si replica stasera e domani, 16 dicembre, alle 21) In girum imus nocte et consumimur igni, che seppur non sembra possa potersi attribuire a Virgilio, resta comunque un famoso e angosciante palindromo.
di Luigi Scardigli
PRATO. Speriamo che con il tempo, i timori di Francesca Taverni, la madre superiora dello spettacolo Sister Act, in scena la Politeama di Prato anche oggi, 1 dicembre, alle 16, si dissolvano e anche in questo paese (la p è piccola e così resterà ancora per lungo tempo, purtroppo), il musical assuma una sua specifica e considerata identità e non venga considerato come l’ancora di salvataggio del teatro e della musica nel loro amplesso. Perché l’intero cast artistico della trasposizione teatrale del successo oceanico del film del 1992 non ha certo da invidiare nulla. A nessuno. Belia Martin, ad esempio, affascinante creola madrilena, non fa mai rimpiangere le doti canore e recitative di Woopi Goldberg, la svitata in abito da suora nella pellicola di Emile Ardolino, così come nessuno dei protagonisti del musical assoldati alla causa artistica da uno dei più esperti e lungimiranti registi del settore, Saverio Marconi.
di Luigi Scardigli
PISTOIA. Audace e rispettoso. Violento e tenero. Rivoluzionario e fedelissimo; ateo, fino alla blasfemia e deciso a recidere, ora e per sempre, quel legame pernicioso con la tradizione, utilizzando, per questa meravigliosa trasposizione di Natale in casa Cupiello, richiami letterari (Pirandello), filosofici (Kafka) e pittorici (il Barocco, napoletano, naturalmente) perfettamente incastonati nel dipinto originario, quello scritto nel 1931 da Eduardo De Filippo e che un suo successore, Antonio Latella, circa ottant’anni dopo, ha riproposto con tassonomica precisione da ieri, 9 dicembre, al teatro Manzoni di Pistoia, fino alla seconda e ultima replica pomeridiana, quella in programma domani. Consegnando a donna Concetta le redini della sopravvivenza umana e prendendosi però ogni licenza (im)possibile e (in)immaginabile, fino alle contaminazioni liriche di Rossini e quelle trip hop, riconducibili a Mezzanine, dei Massive Attack, fino all’inaspettabile epilogo parricida, unico modo, questo, per come liberare il padre colpito da ictus dai deliri agonizzanti della malattia e liberarsi, una volta per tutte, dallo spettro dell’antichità del presepe, consegnare il pater familias alla reincarnazione rituale nella sua sorda e cieca illusione e dare ai Cupiello la speranza di poter sperare.
di Alessandra Mr D'Agostino
MILANO. Sul citofono non c'è traccia. E intorno non ci sono che altri sguardi. Di chi, come noi, attende. La scomodità è il punto di partenza. Mancano una manciata di minuti. E troviamo il modo per entrare dal kafkiano cancello metallico. E una volta oltre, attendere, ancora. È questo il prologo è de La Mala, rappresentata nei giorni scorsi a Milano, allo Spazio Nuovo, per la regia di Lena Rumy e lo potenza espressiva e rappresentativa di Annalisa Falché. La scomodità è il punto di partenza. La porta a vetri si apre. Una giovane donna, dai lineamenti delicati ci chiama. Ci spunta da una lista. Così scendiamo la scala stretta. La scomodità è il punto di partenza. Di fronte a noi la prima creatura scenica. Un uomo solido. Fermo. Seduto come sfinge. Con tanti La Vita cartacei, cuciti al pull blu.
di Luigi Scardigli
VORNO (LU). Il prodotto, se cambiassimo l’ordine dei fattori, probabilmente cambierebbe. Il paradosso ha ragion d’essere a teatro, non certo con i numeri, ma anche nel mondo dell’arte, il condizionale, è d’obbligo, perché certezze, ahinoi, non ne abbiamo, nemmeno scambiando i genitali, nemmeno poggiando la donna sul piedistallo e l’uomo, più in basso, a riverirla. ALFA – appunti sulla questione maschile - in scena, in prima, ieri sera alla Tenuta dello Scompiglio (si replica stasera, domenica 4 dicembre, alle 19,30) - questa condizione, al momento solo virtuale, ha deciso di non contemplarla, se non vagamente, e se non nell’unico momento, apicale, nel quale la donna è sì, elevata, ma per essere comprata, usata, utile solo per la circoscritta soddisfazione, primaria e animale, degli istanti maschili, che vanno appagati, a qualunque costo.
di Luigi Scardigli
FIRENZE. Il sodalizio artistico merita una riflessione approfondita, perché se affidiamo le idee, geniali, di un piccolo grande autore, Emanuele Aldrovandi al camaleontismo scenico, fonico e gestuale di un piccolo grande regista/attore, Ciro Masella, l’equazione teatrale non può passare inosservata. Il Generale, sul palco del teatro di Rifredi, a Firenze, da giovedì 1 a sabato 3 dicembre, è idealmente il frutto di questa commistione e il pubblico che adora lasciarsi infilzare dal nuovo che avanza, è stato abbondantemente ripagato.
di Luigi Scardigli
FIRENZE. La cosa straordinaria di Benvenuti in casa Gori, questo cult teatrale-cinematografico, anzi, cinematografico-teatrale, di questo cult generazionale, è la perfetta, meticolosa, straordinaria individuazione di ogni singolo personaggio che offre il meglio e il peggio di sé al pranzo di Natale. Ma sul palco del teatro di Rifredi (da giovedì 24 novembre fino a stasera, domenica 27) non ci sono Libero, Bruna, Lapo, nonno Annibale, Adele, Gino, Sandra, Luciano, i giovani fidanzati Danilo e Cinzia e la piccolissima Samantha (l’acca è d’uopo); o meglio, ci sono tutti, ma è solo lui, Alessandro Benvenuti, che ha scritto la commedia con Ugo Chiti e che ne è il regista, che indossa, prima che gli abiti, i loro umori. Certo, la resa cinematografica (uscì nel 1990) fu memorabile, anche perché, per proiettarlo sul grande schermo, il saggio dei tre ex Giancattivi si avvalse, oltre che dell’altro pezzo da novanta, Francesco Nuti (che lo produsse) della femmina del trio, Athina Cenci e di un pool di toscanacci davvero notevole: Carlo Monni, Ilaria Occhini, Novello Novelli, Giorgio Picchianti e un già impresentabile Massimo Ceccherini.
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di Luigi Scardigli
PISTOIA. E’ una storia vera, si vocifera, quella sulla quale Gli Omini hanno messo in piedi il loro ultimo spettacolo, Più carati, mostrato in settimana in anteprima al piccolo teatro Bolognini agli studenti e in serata, oggi e domani (19 e 20 novembre), al pubblico pagante. E che ricorda, maledettamente e fortunatamente da vicino, tutto quello fatto fino ad oggi dalla compagnia nei loro primi dieci anni di vita, da CRIsiKo! fino a Ci scusiamo per il disagio, ma senza omettere nulla di quello che è successo nel mezzo, tra la ricerca di linguaggi autoctoni e le loro più fertili smagliature, fino all’esaltazione di una risposta surreale – e mai data - a tutti gli interrogativi generazionali che stritolano i trenta/quarantenni di ogni epoca. Stavolta, a sconvolgere i precarissimi equilibri deontologici e deambulatori dei tre amici in cerca di qualcosa che riesca a farli emergere dal grigiore di una infinita rincorsa alla felicità, un gruzzolo di soldi e uno smeraldo (di dodici carati) trovati per caso nel primo pomeriggio di una giornata tipicamente autunnale, dentro una busta, sotto il bancone del bar Gigli, a Firenze, in piazza della Repubblica.
di Luigi Scardigli
FIRENZE. Il Natale si avvicina a grandi passi e la tacita organizzazione mondiale dello spettacolo allestisce, nei paraggi della festa delle feste, i suoi addobbi più cari. La commedia all’italiana – e L’anatra all’arancia ne è pietra pregiata -, anche se scritta da uno scozzese (William Douglas Home) e portata in scena da un francese (Marc Gilbert Sauvajon) è una di quelle a massima resa. Se poi sul palco sale uno come Luca Barbareschi, che poco ha da invidiare ai suoi illustri predecessori come Alberto Lionello (a teatro) e Ugo Tognazzi (al cinema), l’equazione è completa. Va bene, Chiara Noschese non arriva a Valeria Valeri (Monica Vitti non la nominiamo nemmeno, temendo l’ira funesta della divinità della recitazione) e Margherita Laterza non ha il vezzo sciocco di Barbara Bouchet (ma il suo lato B però è sull’Olimpo della fortuna), ma la serata vola via veloce e in più di un’occasione si sorride con gusto, siamo onesti.
di Luigi Scardigli
FIRENZE. Il marchio di fabbrica è autentico, anche se in alcuni momenti non originalissimo. Ma che Ubu roi sia l’ennesima scommessa di Roberto Latini e del suo Fortebraccio Teatro, si capisce dalle prime immagini, quelle mandate in onda ieri, al teatro di Rifredi (si replica tutte le sere fino a sabato prossimo, 19 novembre: utile vederlo), dove il regista/performer/attore ha dato vita al riadattamento della vecchia favola di Alfred Jarry, un’allucinazione shakespeariana che rimbalza tra Pirandello e Beckett e nella quale, oltre a un sacco di cose del proprio forbito background, ha voluto mettercene delle nuove. Che sono poi vecchie, ma che rinascono puntualmente sotto altre spoglie, riconoscendosi tra loro e offrendo le generalità al pubblico solo durante il tragitto scenico.
di Luigi Scardigli
MONTECATINI (PT). Quello che succederà dopo, non è dato saperlo; e non perché si sia dei laici incalliti. Ciò che si consuma in prossimità, invece, lo sappiamo tutti, al di là del nostro agnosticismo. Stiamo parlando della morte, di quella raccontata, ieri sera, sabato 12 novembre, alle Terme Excelsior di Montecatini, in provincia di Pistoia, da Paola Vannoni e Roberto Scappin, autori e interpreti di Io muoio e tu mangi, uno dei sei appuntamenti teatrali (Sconfinamenti) organizzati da Ultimo Teatro Produzioni incivili, la compagnia nomade, più che itinerante, ideata e sorretta da Luca Privitera e Elena Ferretti.
di Luigi Scardigli
PISTOIA. Un’opera floydiana, con un messaggio visivo che spesso – ma non lo diciamo per sminuirne il plot – sovrasta e annulla quello verbale. E’ la storia andata in scena ieri sera, 11 novembre, al Teatro Manzoni di Pistoia (si replica stasera, alle 21 e domani, alle 16); è la performer di Daniele Salvo, ronconiano doc, con licenza di divagare e di affidarsi, nell’occasione, a Michele Ciacciofera (che si è avvalso, a sua volta, di Paride Donatelli, per le video proiezioni), sontuoso videomaker, capace di un allestimento prodigioso, quello delle Baccanti (prima regionale, prodotto dalla Fabbrica dell’Attore, Teatro Vascello di Milano in collaborazione con quello rumeno di Costanta), fedelmente ispirato alla tragedia di Euripide, scritta pochi mesi prima della sua morte, quattro secoli prima dell’avvento del Cristianesimo.
FIRENZE. Ecco perché costa così poco, quel bellissimo appartamento, di otto stanze, nel centro di Firenze! Prima che la Merlin e l’ipocrisia, tipicamente cattolica, chiudessero le case di tolleranza, in via dell’Amorino c’era una casa di appuntamento e ora, vallo a spiegare ai vicini di casa, agli amici al bar, ai colleghi, che dopo la morte della maitresse, sora Cesira, in quella casa non ci sono più le prostitute, ma la famiglia Ciuti, una famiglia di tutto rispetto, con padre, madre, due figli, nonno paterno e sposo promesso della ragazza. Casa nova vita nova, in scena ieri al teatro di Rifredi, a Firenze (si replica stasera e domani, 5 e 6 novembre, e poi ancora il prossimo fine settimana), scritto - proprio durante l’aberrante iter legislativo di quell’infausto provvedimento - da Vinicio Gioli e Mario De Mayo e adattato per questa rivisitazione da Angelo Savelli, racconta ancora una volta i giorni di quella legge, salutata con hurrà e brindisi il giorno e maledetta, puntualmente, la notte.
FIRENZE. Le sedicenni giocano ruoli imprevedibili, nella storia. La più famosa, Enrichetta Blondel, fu quella che indusse il suo amato Alessandro Manzoni alla conversione, con tutto ciò che ne conseguì: il Romanticismo. Anche Stefania Sandrelli, con il cantautore, non ha scherzato affatto: Gino Paoli è rimasto lo stesso, vero, e questo non ha prodotto nulla, per fortuna; per lei, però, in virtù di quel rapporto libertino, si sono spalancate le porte del cinema e tutti i migliori, ma proprio tutti, sono restati ammaliati, più che affascinati, dall’indiscutibile bellezza della viareggina, che negli ultimi cinquant’anni di cinema ha inanellato una serie impressionante di riconoscimenti e di presenze leggendarie. Il fatto che a noi, professionalmente, non sia mia piaciuta, non interessa a nessuno (nemmeno a noi); a teatro, però, mandatela solo come spettatrice, casomai accreditandola alla carriera dello spettacolo, ma sul palco no, perlamordiddio.
di Luigi Scardigli
PISTOIA. Non tutto quello che dicono arriva direttamente a destinazione. Parlano in francese e nonostante la lingua transalpina sia più familiare di molti altri idiomi europei, qualcosa, di Exil, non può che sfuggire. Ma non la sostanza, la poesia, il dolore, la visione futuristica, lo sguardo al passato, la solitudine, lo sconforto, l’idea di fratellanza. Anzi. Prima della rappresentazione, nella sala spettacoli del Funaro, a Pistoia, un’addetta ai lavori si offre, con dovizia e grazia, a tradurre, simultaneamente, quello che Sonia Wieder-Atherton, la regista-violoncellista (coadiuvata, nella costruzione dello spettacolo, da Sarah Koné), ha innescato nella sua miscela. Ci sono le persecuzioni storiche e bibliche, quelle sofferte realmente dai popoli e quelle dipinte sulle arcate dei battisteri, ma non sono delimitate, circoscritte, identificate: non siamo in nessun posto del mondo dove si calpestano diritti e sagome. Siamo. E basta, purtroppo.
di Luigi Scardigli
FIRENZE. Irriverenti, geniali, provocatori, scurrili, blasfemi. Sono due drag queen pentite, ricordano Charlie Chaplin e Michael Jackson, Ridolini e Buster Keaton, Antonio Albanese e Pina Bausch, Jacques Tati e Roberto Bolle, Totò e Lola, quella che corre, ma anche il Filippo Timi di Bambole, o i neologismi dialettali delle sorelle Macaluso, di Emma Dante. Insomma, straordinari. Vederli all’opera, Alfonso Barón e Luciano Rosso, è un piacere assoluto: rinfrancano lo spirito, allontano i pregiudizi, offrono su un vassoio, affatto prezioso, la loro danza, che è la mortificazione di quella che si ha in testa da bambini, divertono molto e si divertono da pazzi, rivendicando, con elegante orgoglio, il diritto all’omosessualità. Si amano, si cercano, si trovano e abbattono, in più di una circostanza, le elementari leggi della fisica e dell’aerodinamica. Sono in Italia per la prima volta; a Firenze, per l’esattezza, al teatro di Rifredi, nel dettaglio urbano, a dar spettacolo.
di Luigi Scardigli
PISTOIA. Scenografia minima. Anzi, inesistente. Del resto, per rappresentare Gli occhiali d’oro, piccolo romanzo, sommesso capolavoro, di Giorgio Bassani, sarebbe occorso un tir – con portici, ombrelloni estivi, sale da ballo - per adattare le parti salienti del lungo racconto dell’autore ferrarese. Ma il teatro sa ancora come fare per ovviare agli effetti speciali e allora, sul palco del piccolo teatro Bolognini, di Pistoia, ieri sera, alcuni allievi del Teatro Laboratorio della Toscana di Federico Tiezzi, sono riusciti nell’intento, tutt’altro che abbordabile, di riassumere in poco meno di un’ora e mezzo il dramma della discriminazione. Stasera e domani (21 e 22 ottobre) si replica e in considerazione delle minacce del regista (Tiezzi), che ha preceduto la performance dei giovani attori, la tentazione sarebbe di tornare a vederli: sono bravi, tutti, lo meritano e poi, chissà quali altre interazioni potranno avere con il pubblico delle due repliche.
di Luigi Scardigli
FIRENZE. Più che Luca, in Questi fantasmi!, il personaggio meno facilmente sostituibile è proprio l’autore, Eduardo. Con lui, la rappresentazione, in prima nazionale, ieri sera, al teatro La Pergola di Firenze (replicheranno fino a domenica 23 ottobre), sarebbe durata una buona mezz’ora in più, perché quelle conversazioni con il dirimpettaio immaginario, il professor Santanna, o quei monologhi surreali sulla provvida paura di presenze aliene nella casa presa gratuitamente in affitto, si sarebbero trascinati nel tempo senza tempo, ponendo un’interlinea tra ogni sillaba, un semplice respiro, anche un movimento, seppure impercettibile, delle sopracciglia.
di Luigi Scardigli
FIRENZE. Qualcuno, ieri, alla prima stagionale del Teatro di Rifredi, è uscito dalla platea con gli occhi lucidi; altri, addirittura piangendo, senza il minimo ritegno. Lo abbiamo fatto anche noi, ringraziando il cielo, ma soprattutto ringraziando Eric-Emmanuel Schmitt, che ha portato in scena, adattato e ridotto da Anne Bourgeois, il suo capolavoro letterario, Monsieur Ibrahim et le fleurs du Coran. Che è una storia d’Amore e di Lentezza e le maiuscole non sono refusi. Un racconto sussurrato in francese e tradotto in italiano, con scenografica semplicità, sulle due ali della parete prossime al palcoscenico. I prof. fiorentini di transalpino, l’occasione, non se la volevano assolutamente perdere e hanno fortunatamente coinvolto, nel loro delirio didattico, anche molti loro studenti, che al termine dello spettacolo sono sicuramente usciti più grandi, più ricchi. E felici.
PISTOIA. Non occorreva certo la commemorazione dei 400 anni dalla sua morte perché il teatro si genuflettesse ancora una volta a William Shakespeare. Con Riccardo III poi, una delle tragedie più rappresentate al mondo, i richiami, più che illustri, tanto sul palcoscenico quanto al cinema, si sprecano veramente. L’Atp di Pistoia non poteva certo sottrarsi da questa piacevole e doverosa incombenza, ma ha provato, riuscendoci, a parer nostro, ad allinearsi senza voler appesantire ulteriormente la brama violenta del potere descritta dal drammaturgo nei secoli tutto sommato con un’angolazione accettabile, coinvolgendo, nell’operazione/rivisitazione scritta da Renata Palminiello, la disponibilità del teatro Manzoni, che per questa prima stagionale, replicata dal 20 settembre e fino a mercoledì prossimo, 13 ottobre, ha spogliato il salone e allertato la connivenza della scuola teatro della città, che ha fornito uno stuolo di giovani promesse.
di Luigi Scardigli
FIRENZE. Shakespeare non ha bisogno di ulteriori approfondimenti: è stato, e lo sarà per sempre, uno degli autori più impegnati e complessi del panorama drammaturgico e filosofico della scena cosmica. Lo si può mettere alla berlina, ci si può giocare, lo si può decomporre in mille rivoli teatrali, ma non lo si può interpretare, decifrare, soprattutto entrando in unica sintonia vocale con il testo, cervellotico alla nascita, dunque, difficilmente aggravabile, e farsi guidare, in mi minore (se così lo staff ha deciso di accordarsi), per tutta la durata del testo. Quelli dell’Archivio Zeta e Elsinor, che ieri sera, in prima nazionale, hanno portato in scena al Teatro Studio Mila Pieralli di Scandicci, a Firenze, il loro Macbeth - con il tempo a sostituire l’inesistenza del secondo elemento del dilemma -, dissentiranno profondamente.
PISTOIA. Il titolo di capitale della cultura 2017, Pistoia, l’ha anche – ma forse soprattutto – guadagnato in virtù di un susseguirsi di stagioni teatrali maiuscole, ormai da parecchi anni, quelli che l’hanno tra l'altro insignita dell’importante nomina di Centro di produzione teatrale. E anche la stagione che verrà, presentata oggi, sabato 16 luglio, in un’anomala conferenza stampa proprio all’interno del teatro senza poltrone e con il palco aperto, ricalca profondamente la scia importante tracciata in questo ultimo periodo, un’altra sagra di ottime rappresentazioni offerte con il gusto e la raffinatezza che contraddistingue, sistematicamente, l’intero staff del Manzoni, che vanta, fiore all’occhiello, un instancabile osservatore di eventi, il direttore artistico Saverio Barsanti, tra i più preparati in circolazione.
di Luigi Scardigli
PISTOIA. Per riuscire a manovrare le maschere più in alto, come quella del Preside dell’Istituto superiore di Gloucester o di uno dei padri delle ragazze minorenni iscritte in quel plesso scolastico, ma con le idee chiarissime, quasi autarchiche, spesso si è dovuta mettere in punta dei piedi. Nemmeno l’estensione muscolare ne ha condizionato l’umore, originalissimo, o il vocalismo appropriato a quei dodici volti cerei, a quelle dodici teste mozze. Marta Cuscunà, in scena, l’altra sera, alla villa Scornio con il suo Sorry, boys, altro appuntamento di Teatri di Confine, programmazione estiva dell’Atp di Pistoia, è un’impressionante macchina da guerra. La storia dell’idea di comunità di sole donne con i loro diciotto marmocchi al seguito però, Marta Cuscunà ha deciso di farla raccontare a cinque padri involontari anch’essi marmocchi come le loro compagne e ad alcuni grandi, che di questa scelta e di questa vicenda sono protagonisti assoluti, ma inconsapevoli.
Leggi tutto: Quella straordinaria burattinaia in punta dei piedi
di Luigi Scardigli
PISTOIA. Non abbiamo avuto la fortuna di vederli all’opera quindici anni fa, quando Minimacbeth prese forma e vide la luce. Ma non saremmo rimasti folgorati nemmeno all’ora, conoscendoci: questo riadattamento shakespeariano non ci avrebbe convinto perché, anche se questo dramma è tra i più consumati sui palcoscenici di tutto il mondo, persino affidati alla lirica, è particolarmente ampolloso, farcito di piani sintattici, ai quali, la triviale ironia e il grottesco implementati da Andrea Taddei, l’autore, non riescono ad alleggerirne la pesantezza, la distanza, l’inattualità, anche se il potere, come sempre, logora i suoi artefici, ma soprattutto chi non lo possiede.
di Luigi Scardigli
QUARRATA (PT). Dal 23 al 26 giugno, nella Sala AcomeA del teatro milanese Franco Parenti, si farà sul serio. Rosalina Neri, comunque, è già pronta. Lo si è capito ieri sera, al teatro Nazionale di Quarrata, quando l’ultra ottantenne sosia di Marylin Monroe è andata in scena per rappresentare, ultima prima della prima, Je me fut - memorie false di una vita vera - che Cristina Pezzoli, la regista, le ha letteralmente cucito addosso, sfruttando, oltre ogni ragionevole azzardo, tutte le doti della funambolica ex cantante, attrice, presentatrice, ma perché no, coniglietta di altri tempi, capace di (ri)leggere buona parte della propria esistenza tra ammiccamenti, gags, canzoni, deliri, ricordi, nostalgie, rimpianti, falsità galattiche di scomode e ingombranti verità e un paio di spritz, promessi senza essere mantenuti, men che mai consumati.
di Luigi Scardigli
PISTOIA. I rischi erano molteplici e tentacolari: dallo scadere al cabaret televisivo stile Striscia la notizia a quello ancor più difficile da bypassare attraverso un sermone, scontato e inverosimile, sulla falsa importanza del denaro e sulla sua reale tossicodipendenza. Invece, Roberto Castello e Andrea Cosentino, al centro culturale il Funaro di Pistoia, sono riusciti nell’impresa, titanica, di mettere su un coreocabaret confusionale sulla dimensione economica dell’esistenza portando in scena un vero e proprio Trattato di economia, che ha ben poco da invidiare alle indiscutibili teorie di Smith e Malthus, passando da Keynes e Ricardo, fino ad arrivare a Marx. Ma con la tragicomicità e la leggerezza che contraddistinguono il teatro, che fanno teatro.
di Luigi Scardigli
PISTOIA. Li avevamo già visti all’opera, in questo stesso identico spettacolo, i due del Sotterraneo. La precedente, però, era suddivisa in più locations, quattro per l’esattezza, con partenza e ritorno a Londra, con tappe obbligate, girando verso est, in Egitto, India, estremo Oriente e poi, dopo aver infilzato l’America dal Pacifico all’Atlantico, ancora nel Regno Unito, un secondo prima della scadenza della scommessa fissata (e vinta) per le 20,45 del 21 dicembre. Sara Bonaventura e Claudio Cirri, stavolta con un dj ad un’improbabile consolle, Mattia Tuliozi, hanno voluto ulteriormente riassumere il fantastico Giro del Mondo in 80 giorni scritto due secoli or sono da Jules Verne, riproponendolo in tutta la sua involontaria comicità.